Athena défend le plurilinguisme

L'italiano, la lingua più discriminata d’Europa

L’associazione Athena è stata creata da un gruppo di funzionari delle istituzioni europee e opera in ambito comunitario per la difesa e la promozione delle lingue ufficiali degli Stati Membri, le quali, secondo il dettato della regolamentazione vigente (Regolamento 1/58), costituiscono le lingue ufficiali e di lavoro dell’Unione Europea. L’italiano è una di queste lingue, in assoluto la più discriminata, grazie al servilismo, tutto italiano, nei confronti dell’inglese, alla nostra classe politica, a tutti coloro che ci rappresentano, i quali, a partire dalla Presidenza di Romano Prodi, hanno accettato che, nella pratica, l’italiano non sia più lingua di lavoro della Commissione mentre, invece, francese, inglese e tedesco, hanno mantenuto questa prerogativa.

Quello che gli Italiani, gli organi di stampa, le associazioni ad hoc, e soprattutto le istituzioni e coloro che ci rappresentano a livello europeo, non hanno ancora capito è che la questione linguistica europea non è una questione tra inglese e francese e che non si tratta affatto di scegliere “una” “sola” lingua di “comunicazione” tra i popoli europei. Si tratta, al contrario, di affermare e rendere operante la necessità, peraltro riconosciuta dai Trattati, di disporre di molteplici lingue di riflessione e di concepimento e di creare le condizioni per preservare l’identità europea, garantire la partecipazione di tutti i cittadini e di tutte le civiltà che compongono l’Europa istituzionale al processo di integrazione in corso, sulla base della democrazia, del rispetto reciproco e della corresponsabilità.

Si tratta di una questione che non è solo politica ma anche eminentemente tecnica, una questione da specialisti, in diritto e in diritto comunitario, che non può essere trattata con superficialità a rischio di essere banalizzata e perdere i legali e legittimi punti di riferimento. E’ necessario agire avendo ben chiaro il quadro “comunitario”, quello del progetto di integrazione, non fare confusione con gli schemi del colonialismo, peraltro stigmatizzato già nel secolo scorso, e non cadere nella trappola della propaganda anglo-anglo-americana e del suo pragmatismo opportunista. La questione linguistica europea è tutt’altra cosa di quella che viene venduta come la necesità di una “lingua franca” mondiale, quella lingua di mille parole che si può imparare in alcune settimane e che permette solo una comunicazione spicciola e superficiale. In seno al processo di integrazione dell’Europa quello che riveste un’importanza fondamentale sono le lingue che si utilizzano nella redazione dei testi originali con i quali si concepiscono Regolamenti, Direttive, Libri Bianchi, Accordi di ogni tipo e qualsiasi dispositivo per la messa in opera delle politiche comunitarie. Ma come si fa’ a non capire che se tutto è redatto e discusso in una sola lingua e si arriva a una traduzione solo “a posteriori”, allorché orientamenti e decisioni sono ormai stati adottati l’unico modello politico, economico, sociale e culturale che domina e che viene veicolato è quello della lingua nella quale il testo orginale è stato redatto ? Che l’uomo della strada non afferri questo concetto, di primo acchito, si può anche comprendere ma che giornalisti, professori, alti funzionari, ambasciatori, ministri, capi di stato e di governo non riescano ad afferrarlo è inaccettabile, è un vero scandalo nazionale e mostra chiaramente che l’Italia è un Paese occupato.

Al dilà del caso Italia, l’Europa per realizzarsi, per costruire le sue fondamenta, per crescere e diventare una realtà, nel cuore e nella testa di tutti i cittadini europei, ha bisogno di una “intellighenzia” europea e la matrice dell’intellighenzia di qualsiasi popolo del Mondo affonda le sue radici nella lingua madre, quella che, già nel grembo materno, penetra i circuiti cerebrali e imprime il suo modello culturale. Se riusciamo a comprendere e a trasmettere questo concetto, possiamo abbordare la questione linguistica europea nella sua reale dimensione. In caso contrario, avremo l’Europa dell’intellighenzia anglo-americana e di venticinque Stati Membri illetterati.

La questione linguistica, in Europa, deve essere regolata sulla base di criteri obiettivi, di parametri dettati dai Trattati fondatori e dal funzionamento istituzionale dell’Unione. Il vero successo dell’inglese, in seno alle istituzioni europee, è quello di essere riuscito, in ambito giuridico e regolamentare, a dirottare gli Stati Membri dell’Unione Europea su un terreno pragmatico che non è né legittimo né legale ma in aperta antitesi con lo stato di diritto. E’ necessario rendersi conto che con l’uso di una sola lingua, straniera, per la stragrande maggioranza degli Stati Membri, non perfettamente conosciuta, imperfettamente compresa e, soprattutto, imprecisamente redatta, dagli addetti ai lavori, è il progetto stesso di integrazione dell’Europa che è alla deriva. Vale la pena di ricordare che l’Unione Europea non è una qualsiasi organizzazione internazionale ma una organizzazione sovrannazionale che legifera e le cui decisioni coinvolgono direttamente la quotidianità di tutti i cittadini europei.

 

Anna Maria Campogrande,

le mardi 11 juin 2014

 

 

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